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martedì 21 febbraio 2012

IL SIGNIFICATO DEI “LEGAMI” NELLA TERRA DI MEZZO

Di Enrico Imperatori
Pubblicato su: Endore n° 14, 2012 (www.endore.it)

Seconda Parte


«Sono particolarmente fortunato ad avere un amico come te. Sento, se posso dire una cosa simile, che il nostro rapporto è simile a quello di Rohan e Gondor, e (come sai) da parte mia il patto di Eorl non sarà mai spezzato, e io continuerò sempre ad aver fiducia e a essere grato per la cortesia e la saggezza di Minas Tirith.»
Ronald Tolkien,
lettera a Rayner Unwin, 21 luglio 1967



1. LEGAMI DI AFFETTO, AMICIZIA, DEDIZIONE E PARENTELA



Il sostantivo legame predomina nella narrazione con il significato di relazione. Si trovano infatti tutti gli aspetti più comuni delle relazioni. In particolare si possono rintracciare quelli affettivi, di amicizia, di dedizione, di parentela e di sangue.
Nel Libro I – Capitolo I (Una festa a lungo attesa), Tolkien illustra al lettore la genealogia di Frodo, ovvero i suoi legami di parentela, per passare poi a descrivere i lega legami mi affettivi tra Gandalf e Bilbo e tra questi e Frodo, finendo con l'esporre i nessi tra le varie razze che abitano la contea, nessi fisici, psicologici, culturali che le legano tra di loro, al di là delle inevitabili specifiche differenze razziali.
Per fare un esempio: un legame comune tra tutte le razze Hobbit e per tutte le principali famiglie, risiede nell'amore per il buon cibo e la convivialità.
Ancora nel Libro I – Capitolo II (L'ombra del passato), viene rappresentato il legame affettivo, ancorché subordinato, tra Frodo e Sam. Rapporto – e legame – che sarà descritto ed esplicato molte volte nel corso della narrazione. Trattasi di un rapporto complesso e articolato che miscela affetto, amicizia e amore, sempre però mediato dal prevalente sentimento di abnegazione di Sam per Frodo.
Tolkien in persona ci chiarisce i termini di questo rapporto:
Sam era baldanzoso, e sotto sotto un po' presuntuoso; ma la sua presunzione è trasformata dalla devozione che ha per Frodo. Non pensava di essere eroico e nemmeno coraggioso, o in qualche modo ammirevole, tranne che nella sua fedeltà al padrone e nei servigi che gli prestava. Questa lealtà aveva una sfumatura (probabilmente inevitabile) di orgoglio e di possessività: è difficile escludere questo aspetto dalla devozione di persone simili.” [1]  
Proseguendo, nel Libro I – Capitolo III (In tre si è in compagnia) si evincono gli effetti prodotti del legame affettivo, di parentela e di amicizia tra Frodo, Sam, Pipino e Merry.
Infatti, diviene ancora più evidente e stridente la contrapposizione tra l'inevitabile solitudine del portatore dell'Anello, solo nel dover portare il suo fardello (isolamento), e la compagnia allegra e confortante, degli amici legame  nell'amicizia).
Infine, nello stesso capitolo si incontrano, per la prima volta, gli elfi, e si racconta brevemente dei loro legami in termini di relazioni e parentele nella terra di mezzo “al di là del grande mare”.
Credo comunque che l'apoteosi del concetto di legame di amicizia si esplichi nel Libro I – Capitolo V (Una congiura smascherata). In questo capitolo si mette in evidenza l'amicizia pura e disinteressata, intaccabile, che supera qualsiasi ostacolo e qualsiasi paura.
A tal proposito, il passo a mio avviso più significativo è quello nel quale Merry giustifica il fatto che Sam ha svelato il segreto della partenza di Frodo agli altri amici, con queste parole:
Puoi fidarti di noi in quanto non ti lasceremo mai, nella buona e nella cattiva sorte, fino all’ultimo istante. E puoi fidarti di noi in quanto manterremo qualsiasi segreto e sapremo custodirlo meglio di te. Ma non ti fidare di noi per lasciarti affrontare da solo il pericolo, e partire senza una parola. Siamo i tuoi amici, Frodo, e comunque la decisione è già presa. Sappiamo quasi tutto quel che Gandalf ti ha detto; sappiamo parecchie cose sull’Anello; siamo orribilmente spaventati, ma ti accompagneremo, o ti verremo dietro come segugi”.[2]
Veniamo a Grampasso, il ramingo. Nel Libro I – Capitolo X (Grampasso) compare per la prima volta.
Per il momento, a tal proposito, credo si possa soffermare l'attenzione su come il legame di fiducia incondizionata ad un soggetto, possa, anche in spregio ai più basilari principi del buon senso nonché a quelli che sembrano buoni consigli, essere trasferito su un soggetto terzo che, apparentatemene, non è degno di tale privilegio.
Il legame  tra Frodo e Gandalf, basato su rispetto, fiducia, stima, viene trasferito da Frodo su Grampasso che appare, a prima vista, un vagabondo assolutamente indegno sia di stima che di fiducia (soprattutto da parte di chi sta compiendo una missione delicatissima e segretissima).
Ciò rafforza oltremodo il significato di tale azione, esalta al massimo le relazioni fiduciarie e amichevoli. In conclusione, per il solo fatto che tra Gandalf e Grampasso esista lo stesso legame  che sussiste tra Gandalf e Frodo, quest'ultimo si affiderà a Grampasso con la stessa fiducia e sicurezza con la quale si sarebbe affidato a Gandalf.
A questo punto mi piace ricordare uno dei passi più piacevoli dell'intero romanzo, dove si esalta, se ancora ce ne fosse bisogno, il legame  di affetto sincero, e testardo attaccamento, di Sam nei confronti del proprio padrone: Frodo. Tale passaggio è rintracciabile nel Libro II – Capitolo II (Il consiglio di Elrond). Un modo di sdrammatizzare il momento topico nel quale Frodo accetta il proprio destino di portatore dell'Anello verso la sua distruzione, verso un futuro, quindi, senza speranza.
«Ma non vorrai mandarlo via da solo, Messere!», gridò Sam incapace di trattenersi ulteriormente, saltando su dall'angolino dove era rimasto tranquillamente seduto per terra. «No di certo!» esclamò Elrond, volgendosi verso di lui con un sorriso «Tu almeno lo accompagnerai. Visto che è impossibile separarti da lui, anche quando si tratta di una riunione segreta alla quale tu non sei invitato.»”. [3]
Un capitolo molto importante, per la nostra trattazione è: Libro II – Capitolo X (La compagnia si scioglie). Il titolo parla da sé, il legame tra i vari elementi della compagnia si scioglie.
La compagnia è stata formata a Granburrone per accompagnare il portatore attraverso un legame volontario e non un vincolo coercitivo. Pertanto, ora, sulla base della decisione del portatore, i singoli elementi che compongono la compagnia sono liberi di scegliere se seguirlo o meno.
Non si dimentichi che Boromir, ormai all'interno dei confini del proprio regno, intende tornarvi per difenderlo, possibilmente con l'ausilio dell'unico Anello.
E' ovvio che una decisione di Frodo di recarsi ad Est, con l'obiettivo di distruggere l'Anello non potrà che portare, nella migliore delle ipotesi, alla separazione di Boromir dal resto della compagnia.
Infatti, come si vede in questo capitolo, Boromir, proprio in funzione del grande legame  che ha con il proprio regno e con il suo popolo, quindi per il grande amor patrio che lo lega ad esso, cercherà di convincere Frodo a seguire la via di Gondor.
Il tentativo, violento, di Boromir di convincere Frodo e i fatti successivi, portano l'hobbit ad avere conferma che la sua missione è senza speranza, e per salvare i propri compagni decide di sciogliere la compagnia e sacrificarsi solitario, dirigendosi ad est, verso Mordor per cercare di distruggere l'Anello.
Gli altri compagni beninteso non avrebbero lasciato Frodo volontariamente se esso non lo avesse espressamente richiesto, ma per Sam il discorso è diverso. Sam infatti non lo avrebbe lasciato in ogni caso.
Abbiamo già citato il legame imprescindibile tra Sam ed il suo padrone Frodo, legame  che risulta inoltre indissolubile.
La discussione che segue mette in risalto una volta per tutte il significato del predetto legame  tra i due:
«Oh, signor Frodo, siete cattivo!», disse Sam rabbrividendo. «Siete cattivo, a cercare di andarvene senza di me, e tutto il resto. Se non avessi indovinato ora dove sareste?».
«In viaggio, sano e salvo».
«Sano e salvo!», esclamo Sam. «Solo e senza il mio aiuto? Non avrei sopportato il colpo. Sarebbe stata la mia morte».
«Venire con me sarebbe la tua morte, Sam», disse Frodo, «ed io non potrei sopportarlo».
«Una morte meno certa, però», rispose Sam.
«Ma io sto andando a Mordor».
«Lo so bene, signor Frodo. E' naturale che vi andiate. Ed io vi accompagno».”. [4]
Ne Le Due Torri è molto significativo (ed emozionante) il passo del ritorno di Gandalf e dell'incontro con i suoi vecchi compagni di viaggio. E' interessante il modo in cui Tolkien rappresenta il legame  derivante dall'affetto e dall'amicizia sincera, come naturale ed empatico. I nostri compagni di viaggio (Aragorn, Legolas e Gimli) pur nello stato di massima allerta motivata dal rischio di incontrare Saruman, e, quindi, da esso farsi “incantare”, percepiscono nella presenza di Gandalf, a loro ancora ignota, un motivo di (apparentemente) inspiegabile fiducia e gioia interiore:
«Quanto al mio nome...». S'interruppe e rise a lungo sommessamente. Aragorn sentì un brivido nella schiena, uno strano fremito gelido; eppure non si trattava di paura o di terrore: era piuttosto l'improvviso morso di un'aria frizzante, o lo scroscio di fresca pioggia che desta un sognatore inquieto”. [5]
Sempre ne Le Due Torri vi è un passo commovente che riguarda il legame  di Sméagol con il suo passato di hobbit libero. Forse Tolkien vuole dirci che se è vero, come è vero, che il potere corrompe (in questo caso il potere dell'Anello), è anche vero che, nel profondo dell'animo di ogni essere corrotto, probabilmente vi è un angolo segreto e recondito ove la parte onesta e pulita dell'essere prova tenacemente a riemergere, anche se, in alcuni casi, probabilmente è troppo tardi per riuscirvi. Ecco di seguito il passo:
Gollum li guardò a lungo. Una strana espressione passò sul suo scarno viso affamato. Il bagliore nei suoi occhi sbiadì, rendendoli opachi e grigi, vecchi e stanchi. Come colto da uno spasimo di dolore si allontanò, scrutando le tenebre in direzione del valico, scuotendo il capo: pareva in preda a una lotta interiore.
Poi tornò indietro , e allungando lentamente una mano tremante sfiorò il ginocchio di Frodo; più che un tocco era una carezza. Per  un attimo fugace, se uno dei dormienti l'avesse potuto vedere, avrebbe avuto l'impressione di mirare un vecchio Hobbit stanco, logorato dagli anni che lo avevano trascinato assai oltre il suo tempo, lungi dagli amici e dai parenti, dai campi e dai fiumi della giovinezza, ormai nient'altro che un vecchio e pietoso relitto.” [6]
Un altro passo altrettanto commovente quanto il precedente, descrive il livello elevatissimo di amore, affetto e dedizione che “lega” Sam a Frodo, proprio nel terribile momento in cui Sam, crede Frodo morto a causa della puntura velenosa di Shelob:
«Addio, padrone adorato!», mormorò. «Perdonate il vostro Sam. Tornerà in questi luoghi a lavoro finito..., se assolverà il suo compito. Allora non vi abbandonerà mai più. Riposate tranquillo finché torno; che nessuna creatura malvagia venga a disturbarvi! E se la Dama potesse udirmi e realizzare un mio desiderio, mi farebbe tornare qui a ritrovarvi. Addio!».” [7]
E ancora, restando in tema, un altro passo dove Sam scopre che invece il suo padrone è in realtà ancora vivo e decide che, a qualunque costo, dovrà salvarlo dalle mani degli orchi che lo hanno catturato. A qualunque costo perché la sua dedizione (ed il suo legame  fortissimo) a Frodo è più grande di quella che potrebbe dimostrare per i grandi problemi del mondo che, troppo grandi per lui, non può nemmeno comprendere:
No, niente canti. Certamente niente canti, poiché l'Anello verrà scoperto. Io non posso farci nulla: il mio posto è accanto al signor Frodo. È necessario che lo capiscano... Elrond, il Consiglio e tutti i grandi Signori e le Dame, con tutta la loro saggezza. I loro piani sono finiti male. Non posso essere io il Portatore dell'Anello, senza il signor Frodo».” [8]
Infine, un legame  di parentela molto controverso si risolve, nel bene o nel male, ne: Il Ritorno del Re, si tratta, come avrete forse immaginato, del rapporto tra Sire Denethor e suo figlio Faramir.
Un legame di sangue, contrastato però dalla marcata differenza di indole e di aspirazioni tra i due uomini. Denethor, ambizioso, pratico, scaltro, astuto e vanaglorioso, che riponeva le sue speranze nel primogenito e grande guerriero Boromir, a lui molto affine, nei comuni tratti caratteriali e nei comuni intenti, contrapposto a Faramir, anch'esso grande guerriero, ma vissuto all'ombra della fama di suo fratello e, da quella, frustrato, quest'ultimo nobile, raffinato, saggio e buono.
Tolkien sa che, al di la delle differenze e delle contrapposizioni, il profondo e misterioso legame  di sangue e di parentela, non può essere ignorato per sempre e riemerge sempre con forza, prima della fine:
«Ho mandato mio figlio, senza un grazie né una benedizione, ad affrontare un inutile pericolo, ed eccolo che giace qui con il veleno nelle vene. No, no, qualunque cosa accada ormai in guerra, anche la mia stirpe sta per estinguersi, persino la Casa dei Sovrintendenti è venuta meno. Della gente infida ormai governerà gli ultimi discendenti dei Re degli Uomini, che si nasconderanno finché non verranno tutti scacciati».” [9]

[1] J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza – Lettere 1914 – 1973,  prima edizione Italiana:Rusconi 1990, lettera n° 246, “Da una lettera a Mrs. Eileen Elgar (abbozzi). Settembre 1963”.
[2] J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro I – Capitolo V (Una congiura smascherata)
[3] J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro II – Capitolo II (Il consiglio di Elrond)
[4] J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro II – Capitolo X (La compagnia si scioglie)
[5] J.R.R. Tolkien,  Il Signore degli Anelli, Le Due Torri, Libro III – Capitolo V (Il Cavaliere Bianco)
[6] J.R.R. Tolkien,   Il Signore degli Anelli, Le Due Torri, Libro IV – Capitolo V III (Le Scale di Cirith Ungol)
[7] J.R.R. Tolkien,  Il Signore degli Anelli, Le Due Torri, Libro IV – Capitolo X (Messer Samvise e le Sue Decisioni)
[8] J.R.R. Tolkien,  Il Signore degli Anelli, Le Due Torri, Libro IV – Capitolo X (Messer Samvise e le Sue Decisioni)
[9] J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Il Ritorno del Re, Libro V – Capitolo IV (L''Assedio di Gondor)”.

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