Failtè

FAILTE'

mercoledì 13 febbraio 2013

TOLKIEN IN FORMA DI HAIKU (O TANKA) – XLVII PUNTATA


Haiku

L'Asta

Appena in tempo
redivivo soggiunse,
l'asta interruppe

Thorin (2013)


BIBLIOGRAFIA TOLKIENIANA XLVII PARTE


Eccoci all’appuntamento settimanale con la bibliografia. Terminato il ciclo delle opere di Tolkien, e di quelle a lui dedicate, pubblicate in Italia, e ad Oxford sino ad oggi, nonché le opere e le poesie scritte, edite, tradotte o con contributi di Tolkien pubblicate in Gran Bretagna, iniziamo oggi la bibliografia relativa alle opere e poesie scritte, edite, tradotte o con contributi di Tolkien, pubblicate negli U.S.A.
Proseguiamo con il periodo compreso tra il 1995 ed il1995.
La mia bibliografia completa (non solo Italiana) relativa al periodo dal 1966 al 2000 è inclusa nell'interessantissimo libro: "Introduzione a Tolkien" a cura di Franco Manni con illustrazioni di Lorenzo G. Daniele.
Simonelli Editore Milano http://www.simonel.com/ - ISBN 88-86792-39-5 - Pagine 492 - € 25,00
NB: La bibliografia più completa, di tutto ciò che riguarda Tolkien, viene pubblicata periodicamente sulla rivista Endore -
http://www.endore.it/, sempre a cura del nostro instancabile Franco Manni


BIBLIOGRAFIA
1995, Letters from Father Christmas, 44 pp., cofanetto, edito da Baillie Tolkien, contiene le note della versione originale, CollinsChildren'sBooks, Londra 1995.
1996, The Peoples of Middle-Earth, xiii, 482 pp., edito da Christopher Tolkien. Harper Collins Publishers’, Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings Part I - The Fellowship of the Ring, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 432 pp., 24.4 x 16.8 x 3.4 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings Part II - The Two Towers, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 356 pp., 24.4 x 16.3 x 3 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings Part III - The Return of the King, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 440 pp., 24.4 x 16.8 x 3.4 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings - Trilogy, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 1228 pp., 25.7 x 17.5 x 10.2 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, A Tolkien Book of Days, 137 pp., 21.2 x 18 x 1.6 cm, Hardcover, Harper Collins Publishers’ - Londra, 1996.
1996, Realms of Tolkien: Images of Middle-Earth, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, John Howe, Ted Nasmith, Inger Edelfeldt, 144 pp., 28.8 x 22.6 x 2 cm, Hardcover, Harper Collins Publishers’ - Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, Bca; Book Club (BCE/BOMC) edition (1 Jan 1996) - Londra, 1996.
1996, The Hobbit or There and Back Again, di J. R.R. Tolkien, Paperback, Harper Collins; First in this Edition edition (1996) - Londra, 1996.



CITAZIONE DELLA SETTIMANA: Christopher Lee Tolkieniano


Sui film:


Su Tolkien:

«L'ho soltanto visto: fumava la pipa ed era vestito come un perfetto gentiluomo inglese di campagna. Non potrò mai dimenticarlo. ».

Christopher Lee


giovedì 7 febbraio 2013

A PROPOSITO DI RADAGAST IL BRUNO


Molti appassionati di Tolkien e delle sue opere, compresi quelli che non avevano mai avuto prima un valido motivo per menzionare Radagast, ora ne parlano a profusione. Ci si potrebbe chiedere quale ragione abbia portato tanta notorietà ad un personaggio a dir poco secondario del corpus letterario Tolkieniano?
Ancora una volta ci ha messo lo zampino il nostro beneamato P.J. che ha deciso di trasformare questo semi sconosciuto personaggio (noto solo ai più accaniti lettori dell’opera di Tolkien) in un personaggio di rilievo della sua trilogia cinematografica su Lo Hobbit. Ma ciò non sarebbe stato comunque sufficiente per innalzarlo agli onori della cronaca se non per il fatto che che P.J. ha deciso di interpretare e modellare il personaggio Radagast come un essere a dir poco bizzarro ed eccentrico, nonché piuttosto comico.
Non mi dilungherò in pedanti divagazioni sulla figura di Radagast anche perché, oggi, grazie ai potenti mezzi internet dei quali tutti disponiamo è possibile conoscere vita, morte e miracoli di questo personaggio, probabilmente è possibile saperne anche di più di quanto ne sapesse lo stesso Tolkien, suo creatore (ops…sub-creatore, scusate).
Però qualcosa bisognerà pur dire, almeno nel tentativo di spiegare perché i fan Tolkienaini si siano spaccati in due fazioni contrapposte, in maniera netta e senza mezze misure, nell’elogiare o esecrare l’operato di P.J. nei confronti di Radagast.
Innanzitutto Radagast era uno degli Istari. Magari non sarà stato il più bravo, il più bello, il più forte, il più amato dai Valar….. anzi, nondimeno era uno egli Istari.
La questione non può essere banalizzata, per gli appassionati di Tolkien dire Istari è come dire stregoni o maghi, ma, anche e soprattutto, semi-divinità, entità angeliche, emissari degli dei. Radagast era uno degli Istari quanto Gandalf e Saruman pur se dotato, pare, di minori poteri. Se vi sembra poco?
Tolkien, ne i “Racconti Incompiuti” ci dice che: “Radagast, il quarto, si innamorò delle molte specie di animali e di uccelli che popolavano la Terra di Mezzo, e abbandonò gli Elfi e gli Uomini per trascorrere i suoi giorni tra le creature selvatiche. Egli si stabilì a Rhosgobel <<la Bruna Città>> al confine con il Bosco Atro.” Abbandonò gli elfi e gli uomini per troppo amore per la flora e la fauna della terra di mezzo (non lo si può biasimare troppo per questo) e quindi fallì la sua missione primaria.
Tolkien, quindi, ci dice senza mezzi termini che Radagast fallì la sua missione come Stregone perché si perse nella sua ossessione verso gli animali e le piante. Tolkien scrisse anche, però, che il fallimento di Radagast non era grande e imperdonabile quanto quello di Saruman, e che era possibile pertanto un suo ritorno nelle Terre Immortali. Non mi stupisce che Tolkien sia stato indulgente con chi amava la natura (nessuna indulgenza, viceversa, per Saruman che amava il potere e “l’industria”).
E’ possibile affrontare meglio la questione leggendo ciò che Tolkien scrive in proposito nelle sue lettere, ovvero nel testo (non letterario e, pertanto, privo di filtri e artifizi) più significativo per conoscere il pensiero di Tolkien uomo oltre che autore, nel quale il suo pensiero fluisce puro: la raccolta delle sue lettere (La Realtà in Trasparenza – Lettere 1914 – 1973, Rusconi, prima edizione italiana novembre 1990).
Si deduce che il fallimento e la caduta erano nella natura delle cose. Nella lettera a Michael Straight (lettera n° 181, La Realtà in Trasparenza) Tolkien afferma a proposito di Gandalf, ma più in generale di tutti gli stregoni: “il suo ruolo di <<stregone>> è il ruolo di un angelo o di un messaggero dei Valar o Governatori: aiutare le creature razionali della Terra-di-Mezzo a resistere a Sauron, che ha poteri troppo grandi per loro se rimanessero privi di aiuto. Ma dato che secondo questa storia o mitologia il potere – quando domina o cerca di dominare la volontà e la mente degli altri (tranne che siano privi di ragione) – è considerato malefico, questi <<stregone>> si incarnarono in figure compatibili con la Terra-di-Mezzo, e così soffrirono pene fisiche e spirituali. Per la stessa ragione, correvano anche gli stessi rischi che correvano tutti gli esseri incarnati: il rischio di <<cadere>>, di peccare, se preferisce”
Per quanto mi riguarda, il mio personale Radagast, materializzato nel mio immaginario leggendo le opere di Tolkien, è un'entità angelica che, pur “cadendo” nella sua forma umana, rimane però comunque, sempre, un'entità angelica, ovvero bella, affascinante, alta. L’amore per la natura non dovrebbe giustificare di per sè la sua trasfigurazione e degenerazione in una specie di folletto alchimista abitatore dei boschi, pazzo svanito e visionario, quanto, piuttosto, la sua trasformazione in un vecchio saggio, magari un po’ solitario e misterioso, disinteressato alle questioni umane e tecnologiche, senza però mai perdere del tutto l’occhio dalla sua missione primaria (non è certo “caduto” quanto “sprofondò” Saruman, come ci dice lo stesso Tolkien). Pertanto non credo andrebbe ridicolizzato nè per la sua “caduta” né tanto meno per il suo amore per la natura.
Però, nell’immaginazione di P.J. non è così, anzi, sembra aver preso il sopravvento la versione del pazzo boscaiolo, dipinto, appunto, in maniera piuttosto comica e dissacrante. Non intendo fare processi alle intenzioni (che non è mai bello), ma questo aspetto mi ha piuttosto irritato.
Credo stiano tutte nei precedenti capoversi le ragioni dell’inevitabile contenzioso tra i fan di Tolkien e di P.J. o di entrambi ed anche dell’insanabile spaccatura che si è prodotta tra i cosiddetti “puristi” o “bidelli” che non hanno apprezzato affatto l’eccessiva ridicolizzazione e sminuimento di uno degli Istari, ridotto a poco più che un pagliaccio, e chi purista non è, ed ha preferito immaginare, come ha fatto P.J., un simpatico fricchettone, svampito (oltre che svanito) e drogatello come se ne sarebbero potuti vedere tanti negli anni 70 sull’isola di Wight.
Trovo infine inquietante sapere che, come è noto, molti abbiano paragonato Radagast il bruno al personaggio cinematografico di Star Wars: Jar Jar Binks (abbastanza demenziale a mio avviso). Non trovo infatti tale paragone molto edificante per un entità angelica. Personalmente, se devo trovare un paragone tra Radagast ed i personaggi di Star Wars allora preferisco immaginarlo, come mi ha suggerito un caro amico a proposito della sua visione di Radagast, e con il quale, in proposito, sono del tutto in accordo, come Yoda.
Pur avendo apertamente disapprovato il personaggio cinematografico di Radagast, non mi permetto di giudicare chi la pensa in maniera differente. La mia vena purista, o peggio, “bidella” si è molto attenuata con l’età e credo che un film sia un film e vada lasciata al regista la prerogativa di apportare, nella sceneggiatura, le modifiche che crede rispetto alle opere alle quali si ispira, senza ovviamente mancare di rispetto all’autore ed allo spirito dell’opera.
Come mi ha detto lo stesso amico citato prima a proposito di Yoda lui preferisce continuare a immaginare il suo personale Radagast, scaturito nella sua immaginazione a seguito della lettura delle opere di Tolkien. Non ha torto, anzi, io però preferisco vederli o immaginarli entrambi: il mio personale e quello di P.J., ed elucubrare a piacimento su chi lo ha immaginato meglio. 

venerdì 1 febbraio 2013

OSCAR 2013

Lo Hobbit candidato a:
- trucco
- scenografia
- effetti visivi.

Senza voler gridare allo scandalo credo che sarebbe stato benissimo anche in film, regia, costumi, fotografia e, forse, ma non sono personalmente del tutto convinto:colonna sonora.

Io adoro letteralmente Tarantino, ma credo che Django Unchained sia un pelino sopravvalutato. Non puoi mettere Django e lasciare fuori lo Hobbit eccheccazzo!

martedì 29 gennaio 2013

CITAZIONE DELLA SETTIMANA: Napoli


«No, Yanez! no, non è inglese quella donna, perché ella mi ha parlato di un mare azzurro e più bello del nostro, e che lambe la sua lontana patria, di una terra coperta di fiori, dominata da un fumante vulcano, di un paradiso terrestre dove si parla una lingua armoniosa, che nulla ha di comune con quella inglese.».

Emilio Salgari in “Le Tigri di Mompracem”, prima edizione italiana:  Donath, Genova, 1900




BIBLIOGRAFIA TOLKIENIANA XLVI PARTE


Eccoci all’appuntamento settimanale con la bibliografia. Terminato il ciclo delle opere di Tolkien, e di quelle a lui dedicate, pubblicate in Italia, e ad Oxford sino ad oggi, nonché le opere e le poesie scritte, edite, tradotte o con contributi di Tolkien pubblicate in Gran Bretagna, iniziamo oggi la bibliografia relativa alle opere e poesie scritte, edite, tradotte o con contributi di Tolkien, pubblicate negli U.S.A.
Proseguiamo con il periodo compreso tra il 1992 ed il1994.
La mia bibliografia completa (non solo Italiana) relativa al periodo dal 1966 al 2000 è inclusa nell'interessantissimo libro: "Introduzione a Tolkien" a cura di Franco Manni con illustrazioni di Lorenzo G. Daniele.
Simonelli Editore Milano http://www.simonel.com/ - ISBN 88-86792-39-5 - Pagine 492 - € 25,00
NB: La bibliografia più completa, di tutto ciò che riguarda Tolkien, viene pubblicata periodicamente sulla rivista Endore -
http://www.endore.it/, sempre a cura del nostro instancabile Franco Manni


BIBLIOGRAFIA
1992, Bilbo’s Last Song, 32 pp., 25.5 X 20.2 cm., illustrazioni a colori di Pauline Baynes, edizione economica, Red fox, Londra, 1992, 15150 copie stampate.

1992, The War Of The Ring, xii, , 476 pp., 22.1 X 14.0 cm., illustrazioni di J.R.R. Tolkien, edito da Christopher Tolkien, edizione economica, Grafton - Harper Collins, Londra, 1992.

1992, Sauron Defeated, xii, , 484 pp., 22.1 X 14.2 cm., illustrazioni di J.R.R. Tolkien, edito da Christopher Tolkien, Harper Collins Publishers’, Londra, 1992, 3000 copie stampate.

1992, Sauron Defeated, xii, , 484 pp., 22.1 X 14.2 cm., illustrazioni di J.R.R. Tolkien, edito da Christopher Tolkien, edizione Club, Guild Publishing, Londra, 1992, 2000 copie stampate.

1992, Pictures By J.R.R. Tolkien, introduzione note e nuovo testo di Christopher Tolkien, 108 pp., 30.9 X 29.8 cm., illustrazioni di J.R.R. Tolkien, HarperCollins, Londra, 1992.

1992, J.R.R. Tolkien Audio Collection, musicassette, Harper Audio Cassettes, Londra, 1992.

1992, The Hobbit or There and Back Again, 133 pp., Fumetto, illustrato da David Wenzel, adattato da Charles Dixon, Grafton Books, Londra, 1992.

1993, Morgoth’s Ring, illustrazioni di J.R.R. Tolkien, edito da Christopher Tolkien, Unwin Hyman, Londra, 1993.

1993, Poems by J.R.R. Tolkien, 96 pp., 3 Volumi, i Volumi 1-2 di un mini cofanetto (9 x 7.5 cm/3.5 x 3") contengono i poemi dello Hobbit. il Volume 3 contiene "The Adventures of Tom Bombadil" e "The Stone Troll" da The Adventures of Tom Bombadil, illustrazioni di J.R.R. Tolkien, Harper Collins Publishers’, Londra, 1993.

1994, The Father Christmas Letters, 96 pp., 3 Volumi, edizione "Mini" book, note della versione originale pubblicata nel 1976, Harper Collins Publishers’, Londra, 1994.

1994, Poems from The Lord of the Rings, 95 pp., illustrato da Alan Lee, Harper Collins Publishers’, Londra, 1994.

1994, The War Of The Jewels, illustrazioni di J.R.R. Tolkien, edito da Christopher Tolkien, Unwin Hyman, Londra, 1994.


TOLKIEN IN FORMA DI HAIKU (O TANKA) – XLVI PUNTATA


Haiku

L'Arkengemma

Baluginante,
sangue e cuore di roccia,
ragion di vita.


Thorin (2013)


QUELLO CHE MI PASSA PER LA TESTA SU TOLKIEN


QUELLO CHE MI PASSA PER LA TESTA SU TOLKIEN – LO HOBBIT, UN FILM A LUNGO ATTESO (ANCORA SU FILM E RECENSIONI)

Questa nuova rubrichetta si pone l'obiettivo, tra gli altri, di stimolare un po' di discussione tra i lettori del blog.
Infatti, qui, scriverò quello che mi passa per la testa ogni tanto su Tolkien, sulle sue opere o sul mondo in cui è vissuto, così, senza filtri stilistici, linguistici o moralistici e senza approfondimenti. Prevedo parecchi strafalcioni, e qualche cazzatona, ma ben vengano se stimoleranno una qualche forma di discussione, altrimenti pazienza.

Ancora qualche pensiero sul film, in risposta alla interessantissima recensione (http://www.jrrtolkien.it/2013/01/05/il-film-di-peter-jackson-ecco-una-nuova-recensione-2/) del mio caro amico Franco Manni, autorevolissimo conoscitore ed estimatore di Tokien e della sua opera:
Carissimo Franco,
complimenti per la bella recensione che, oltre ad essere molto interessante, condivido in gran parte. Mi soffermo solo un momento sulla questione dei “bidelli” in quanto, come ben sai, io lo sono stato ai tempi dell’uscita della trilogia del SDA (però consentimi, sarò stato forse un po’ supponente, ma meschino di certo no). Ad oggi ho ammorbidito molto le mie posizioni oltranziste. Sarà la vecchiaia, non so, ma in questi anni mi sono reso conto che l’opera cinematografica di P.J. ha una sua specificità e vita propria e non può, oltre che non deve, essere legata in maniera troppo radicale al testo di Tolkien. Certo, non posso negare che, probabilmente a causa delle innumerevoli letture del testo di Tolkien, inconsciamente, ogni volta che vi è stata una variazione cinematografica rispetto al testo ho avuto un piccolo sussulto, ma senza alcuna conseguenza. In fondo, ripensando bene alle mie esperienze simi a questa, ma extra-Tolkieniane, mi sovviene che la serie televisiva che, sin da piccolo - ed ancora oggi - mi ha fatto palpitare il cuore è quella di: “Sandokan” , che praticamente ha poco o nulla a che vedere con il testo originale di Salgari, che egualmente apprezzo.
In conclusione affermo che il film mi è piaciuto molto ed ho apprezzato le numerose trovate e gli espedienti cinematografici ideati da P.J..
Su una sola cosa però torno ad essere oltranzista è, per comodità…. e pigrizia, cito la mia prima recensione (scritta di getto dopo aver visto la prima volta il film) che ho pubblicato sul mio blog:
“Su un punto però non posso soprassedere, ed è un peccato che sia intervenuto a guastare il film proprio alla fine, come ho detto, dopo 2 ore e 50 di film davvero godibile: l'improbabile (per usare un eufemismo) intervento eroico di Bilbo in aiuto ti Thorin nella parte afferente il capitolo “Dalla padella nella brace”.
Ma perché P.J. deve sempre metterci del suo anche quando non serve a nulla. Bilbo non è mai eroico, almeno sino alla battaglia dei cinque eserciti, ovvero al suo epilogo.
Il racconto de “Lo hobbit” è proprio così: un racconto dove l'epicità degli eventi e l'eroicità dei personaggi cresce con l'avanzare del racconto e, a questo punto del racconto, Bilbo è pressappoco un codardo (possiamo dirlo senza offendere nessuno).
Bilbo si dimostrerà abbastanza coraggioso con i ragni di Bosco atro, abbastanza scaltro e fortunato con gli Elfi silvani, ancora certamente coraggioso, anche se altrettanto certamente incosciente con Smaug, ma quasi sempre abbastanza imbranato e certamente, mai eroico, almeno, come ho detto, fino alla fine del romanzo, prima della battaglia dei cinque eserciti (anche se, a mio avviso, in questo caso si dimostra più diplomatico che eroico, ma su questo si può discutere).
Ma come ti viene in mente caro P.J. di far balzare il povero e piccolo Bilbo impaurito contro un orco come Azog (che, tra l'altro, come ho detto, doveva essere uno zombie) armi in pugno. E' impossibile. Bilbo, non lo avrebbe mai fatto a questo punto del suo viaggio, è più probabile che si sarebbe rintanato in un buco tremante e gemente.
Apparentemente non si capisce che bisogno ci fosse di tutto ciò. Azzardo l'unica spiegazione che riesco a darmi: il film stava progredendo benissimo, ma, probabilmente, dovendo rendere digeribile l'interruzione della vicenda nel malo modo in cui si interrompe, in quanto la prima parte del film stava volgendo al termine senza una fine vera a e propria (perché parliamoci chiaro non è un racconto da tramutare in una trilogia) P.J. ha pensato bene di buttarci dentro una bella scena epica ed eroica, forse per invogliare gli spettatori a vedere quali gesta altrettanto eroiche compirà Bilbo nella seconda e nella terza parte del film. Può essere, ma, secondo me, si tratta comunque di una operazione del tutto inutile oltre che fastidiosa ed irritante.”
Inoltre, aggiungo ora: operazione poco rispettosa dell’opera di Tolkien.
Se vorrai, aspetto trepidante un tuo commento che, come di certo sai, trovo sempre estremamente competente ed autorevole.
Con affetto.
Enrico


Chissà cosa mi passerà per la testa domani.....

IL SIGNIFICATO DEI “LEGAMI” NELLA TERRA DI MEZZO


IL SIGNIFICATO DEI “LEGAMI” NELLA TERRA DI MEZZO


Di Enrico Imperatori
Pubblicato su: Endore n° 14, 2012 (www.endore.it)

Nona e Ultima Parte


«Sono particolarmente fortunato ad avere un amico come te. Sento, se posso dire una cosa simile, che il nostro rapporto è simile a quello di Rohan e Gondor, e (come sai) da parte mia il patto di Eorl non sarà mai spezzato, e io continuerò sempre ad aver fiducia e a essere grato per la cortesia e la saggezza di Minas Tirith.»
Ronald Tolkien,
lettera a Rayner Unwin, 21 luglio 1967




CONCLUSIONI
Trovo curioso che le celebrazioni per l’unità d’Italia, senza alcun nesso apparentemente logico, mi abbiano portato ad approfondire un aspetto della letteratura di Tolkien sul quale, sino ad ora, non mi ero mai soffermato.
Ciò mi ha portato a riflettere sul fatto che nemmeno Tolkien, con tutta probabilità, avrà seguito un filo logico, o comunque una precisa strategia, nell'introdurre tutti questi legami nella sua narrazione. Quantomeno non lo avrà fatto in maniera sempre volontaria.
Credo che, così come Tolkien ammetteva la presenza di allegorie e di precetti morali nel suo romanzo, senza che vi fossero stati da lui inseriti con un disegno preciso, ma semplicemente presenti in quanto coerenti con la vita reale, così sia avvenuto per i legami.
Tutti i legami presenti ne Il Signore degli Anelli, sono elementi fondamentali e necessari per lo svolgimento della storia, carichi di risvolti morali ed allegorici, scaturiti naturalmente nella creazione dell'intreccio e coerenti con la storia, in quanto elementi naturali e onnipresenti nella vita reale.
In riferimento a quanto appena affermato mi pare molto significativo un passo di una lettera di Tolkien, a proposito di un commento di Rayner Unwin sull'allegoria, dove afferma:
”Ma nonostante questo, che Ryner non sospetti «l'allegoria». C'è una morale, suppongo, in ogni storia che valga la pena di essere raccontata. Ma non è la stessa cosa. Persino la battaglia tra oscurità e luce per me è solamente una particolare fase della storia, un esempio dei suoi modi, forse, ma non il Modo; e gli attori sono individui: ogni uno di loro, naturalmente, contiene l'universale, altrimenti non vivrebbero affatto, ma non si rappresentano mai come universali. Naturalmente, allegoria e storia convergono, fondendosi da qualche parte nella Verità. Cosicché l'unica allegoria perfettamente coerente è la vita reale; e l'unica storia pienamente intelligibile è un'allegoria.”. [1]
Tutto ciò premesso, in definitiva, l’elemento di maggiore interesse che mi pare sia emerso dalla presente trattazione è che i legami rivestono particolare importanza nella narrazione Tolkieniana, nel bene e nel male. E' del tutto palese che il legame assolutamente negativo dell’Anello con i portatori, si contrappone ai legami assolutamente positivi di amicizia e di lealtà dei componenti della Compagnia dell’Anello.
Pare evidente che il legame tra esseri umani, che si prestano aiuto, si comprendono, si amano, prevalga sempre ed in ogni caso, nei confronti di qualsivoglia altro legame, più o meno magico, tra esseri viventi e oggetti inanimati, e che i legami volontari primeggino sempre rispetto ai legami coercitivi.
E' noto che dalla lettura de Il Signore degli Anelli si possono ricavare molteplici chiavi di lettura per la comprensione del nostro mondo e della nostra società, anche attraverso, appunto, i significati dei legami in esso presenti.
Un interessante parallelismo con il nostro vivere reale è, per esempio, che i legami umani e positivi, come quello tra Frodo e Sam, piuttosto che tra Gandalf e Bilbo, porteranno chi li alimenta e li vive concretamente, prima o poi, ad esiti edificanti, mentre i legami artefatti e negativi, come quelli tra Sauron e l’Anello, ma anche, pur se apparentemente meno significativo, tra Saruman e Grima Vermilinguo, non potranno che condurre ad esiti distruttivi.
Allo stesso modo si può affermare che, nella nostra società, così come nella terra di mezzo, i legami, positivi o negativi che siano, dimostrano che le divisioni, nonché i legami coercitivi e negativi portano alla decadenza fisica, morale e strutturale della società; mentre l’unione, la solidarietà, la cooperazione e l’integrazione non potranno che portare ad una società più evoluta, positiva ed equilibrata.


[1] J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza – Lettere 1914 – 1973,  prima edizione Italiana:Rusconi 1990, lettera n° 109, “A Sir Stanley Unwin. Luglio 1947”.

NOTIZIE DI SICURO INTERESSE DALLA RETE E DINTORNI


E' da poco appena uscita "Endòre" numero 15... la unica rivista italiana interamente dedicata a Tolkien
http://www.endore.it/endore15/

Dal sito dell’Associazione Romana Studi Tolkieniani: http://www.jrrtolkien.it una interessante intervista a George R.R. Martin che ci parla del suo rapporto con J.R.R. Tolkien e con il Il Signore degli Anelli
http://www.jrrtolkien.it/5-domande-a/george-r-r-martin-scrittore/

Inoltre, sempre dallo stesso sito, il video della conferenza di Modena del 11.01.2013, di Tom Shippey
http://www.jrrtolkien.it/2013/01/24/tom-shippey-ecco-il-video-della-conferenza-di-modena/

Ancora dallo stesso sito, la recensione di Franco Manni (direttore e redattore di "Endòre") sul film de “Lo Hobbit”
http://www.jrrtolkien.it/2013/01/05/il-film-di-peter-jackson-ecco-una-nuova-recensione-2/

E' possibile consultare i seguenti scritti di Franco Manni (direttore e redattore di "Endòre") su temi Tolkieniani in rete:
- I mondi alternativi al mondo reale
- Video di Gianni Musy
al seguente indirizzo:
http://www.lovatti.eu/fr/francomanni.htm

domenica 16 dicembre 2012

QUELLO CHE MI PASSA PER LA TESTA SU TOLKIEN – LO HOBBIT, UN FILM A LUNGO ATTESO (UNA MODESTA RECENSIONE)


Questa nuova rubrichetta si pone l'obiettivo, tra gli altri, di stimolare un po' di discussione tra i lettori del blog.
Infatti, qui, scriverò quello che mi passa per la testa ogni tanto su Tolkien, sulle sue opere o sul mondo in cui è vissuto, così, senza filtri stilistici, linguistici o moralistici e senza approfondimenti. Prevedo parecchi strafalcioni, e qualche cazzatona, ma ben vengano se stimoleranno una qualche forma di discussione, altrimenti pazienza.


Ho visto il film de Lo Hobbit di P.J.. L'ho visto in 3D. Andrò a vederlo in 2D, ma poco importa, non intendo addentrarmi su sentieri che non mi sono congeniali, come quelli della tecnica cinematografica che non conosco. Dal punto di vista della tecnica posso solo dire che, sino ad ora, avevo apprezzato il 3D solo per le animazioni e mai per i film, ma ora mi ricredo perché Lo Hobbit in 3D mi è piaciuto molto e trovo che tale tecnica abbia accresciuto il phatos e la godibilità dello spettacolo, senza stancare mai.
L'ho affrontato con grande trepidazione dopo anni di attesa. Mi aspettavo di dover scrivere fiumi di critiche, come fu per Il Signore degli Anelli, ma in fondo non è così.
In realtà il film mi è piaciuto molto e, dall'inizio, fino quasi al termine è stato un crescendo di piacevolezza.
Trovo che P.J. Abbia cercato di dare al film un tono di leggerezza, tipico della prima parte del romanzo. E questo è già apprezzabile e motivo di merito per il regista.
Peccato però che il buon P.J. abbia voluto guastare 2 ore e 50 minuti di buon film con gli ultimi, pessimi, 6 minuti. Ovviamente quando parlo di “guastare” o di “buon film” mi riferisco sempre all'aderenza del film all'opera di Tolkien. Adesso non aggreditemi, lo so che è solo un film e non un racconto, lo so che P.J. ci ha messo del suo e non dubito che abbia fatto del suo meglio e so benissimo che chi non ha letto il romanzo sarà rimasto probabilmente soddisfatto, ma su alcune cose non si può davvero transigere.
Vedrete di seguito che non mi soffermo su dettagli apparentemente insignificanti, che, anche se per me sono importanti, mi rendo conto che possano essere sacrificati per le logiche cinematografiche, ma su altre cose non si può e non si deve transigere, perché snaturano l'origine del film, ovvero il romanzo da cui è tratto e,di conseguenza, l'idea del suo autore.
Orbene, veniamo ai fatti, come ho detto il film mi è piaciuto nel suo complesso, e trovo alcune parti entusiasmanti. Posso soprassedere su alcune imprecisioni di poco conto (ce ne sono a decine che non starò a citare) e anche su altre un po' più importanti quali: l'aspetto poco nanesco (in senso tolkieniano per Lo Hobbit) di alcuni nani; sul fatto che un nano sia almeno apparentemente sessualmente ambiguo e il grande orco un cicisbeo (potrebbe anche dipendere dal doppiaggio, non saprei); sull'aspetto troppo serioso degli elfi di Granburrone; sul modo in cui Bilbo perde i bottoni e sul fatto che le aquile siano mute.
Posso soprassedere, con un po' di sforzo, anche su alcuni punti di maggior rilievo quali: la presenza un po' troppo pressante di Azog, che avrebbe dovuto essere morto e putrefatto e, quindi, eccessivamente presente nel film; sul ruolo improbabilmente protagonista di Bilbo con i Troll; sull'aspetto del povero Radagast, che, è vero, risulta simpatico e folkloristico anche se un po' patetico, ma pur sempre privo di qualsiasi dignità che, viceversa, non può mancare in un entità angelica quale è (pur se in grado di parlare con gli animali non per questo deve essere un animale egli stesso). Su un punto però non posso soprassedere, ed è un peccato che sia intervenuto a guastare il film proprio alla fine, come ho detto, dopo 2 ore e 50 di film davvero godibile: l'improbabile (per usare un eufemismo) intervento eroico di Bilbo in aiuto ti Thorin nella parte afferente il capitolo “Dalla padella nella brace”.
Ma perché P.J. deve sempre metterci del suo anche quando non serve a nulla. Bilbo non è mai eroico, almeno sino alla battaglia dei cinque eserciti, ovvero al suo epilogo.
Il racconto de “Lo hobbit” è proprio così: un racconto dove l'epicità degli eventi e l'eroicità dei personaggi cresce con l'avanzare del racconto e, a questo punto del racconto, Bilbo è pressappoco un codardo (possiamo dirlo senza offendere nessuno).
Bilbo si dimostrerà abbastanza coraggioso con i ragni di Bosco atro, abbastanza scaltro e fortunato con gli Elfi silvani, ancora certamente coraggioso, anche se altrettanto certamente incosciente con Smaug, ma quasi sempre abbastanza imbranato e certamente, mai eroico, almeno, come ho detto, fino alla fine del romanzo, prima della battaglia dei cinque eserciti (anche se, a mio avviso, in questo caso si dimostra più diplomatico che eroico, ma su questo si può discutere).
Ma come ti viene in mente caro P.J. di far balzare il povero e piccolo Bilbo impaurito contro un orco come Azog (che, tra l'altro, come ho detto, doveva essere uno zombie) armi in pugno. E' impossibile. Bilbo, non lo avrebbe mai fatto a questo punto del suo viaggio, è più probabile che si sarebbe rintanato in un buco tremante e gemente.
Apparentemente non si capisce che bisogno ci fosse di tutto ciò. Nessuno! Azzardo l'unica spiegazione che riesco a darmi: il film stava progredendo benissimo, ma, probabilmente, dovendo rendere digeribile l'interruzione della vicenda nel malo modo in cui si interrompe, in quanto la prima parte del film stava volgendo al termine senza una fine vera a e propria (perchè parliamoci chiaro non è un racconto da tramutare in una trilogia) P.J. ha pensato bene di buttarci dentro una bella scena epica ed eroica, forse per invogliare gli spettatori a vedere quali gesta altrettanto eroiche compirà Bilbo nella seconda e nella terza parte del film. Può essere, ma, secondo me, si tratta comunque di una operazione del tutto inutile oltre che fastidiosa ed irritante.
Infine, per quanto riguarda gli elogi, oltre a quelli generali che ho già fatto, trovo molto belle e spettacolari le scene riguardati in nani a casa Baggins, la fuga dalle caverne degli orchi e la scena dagli indovinelli nell'oscurità. Per la cronaca: Gollum-Serkis sempre grandiosi e, senza tema di offendere qualche fan accanito di Musy (indiscutibilmente bravissimo, ma morto), trovo che il lavoro di Proietti sia stato davvero ottimo e non faccia rimpiangere il suo predecessore.


Chissà cosa mi passerà per la testa domani.....


CITAZIONE DELLA SETTIMANA: Loki Bound


«Il mio Loki non era soltanto malizioso. Ce l'aveva con Odino perchè Odino aveva creato il mondo nonostante Loki lo avesse chiaramente avvertito che si trattava di una inutile crudeltà. Perchè le creature avrebbero dovuto portare il peso di un esistenza che non hanno chiesto? Il nodo principale del mio dramma era la trieste saggezza di Loki contrapposta alla brutale ortodossia di Thor. Odino era più simpatico; per lo meno, capiva quello che Loki voleva dire, e tra i due c'era stata una vecchia amicizia, prima che la politica cosmica li dividesse. Il vero malvagio era Thor, Thor con ilsuo martello e le sue minaccie, che cercava in continuo di aizzare Odino contro Loki e accusava Loki di non rispettare abbastanza gli dei; al che Loki replicava
Rispetto la saggezza e non la forza
Thor era in effetti, il simbolo dei baroni; ma allora non me ne rendevo conto con la stessa chiarezza di oggi. Loki era una proiezione di me stesso; esprimeva quel senso di pedante superiorità con la quale io cominciavo purtroppo a ripagarmi della mia infelicità».


C. S. Lewis in “Sorpreso Dalla Gioia – I primi anni della mia vita – La storia di una conversione”, prima edizione italiana:  Jaca Book, Milano, 1981


TOLKIEN IN FORMA DI HAIKU (O TANKA) – XLV PUNTATA


Haiku

Il Grande Orco

Con gran sorpresa,
arrogante e spavaldo,
perse la testa.


Thorin (2012)



IL SIGNIFICATO DEI “LEGAMI” NELLA TERRA DI MEZZO


IL SIGNIFICATO DEI “LEGAMI” NELLA TERRA DI MEZZO


Di Enrico Imperatori
Pubblicato su: Endore n° 14, 2012 (www.endore.it)

Ottava Parte


«Sono particolarmente fortunato ad avere un amico come te. Sento, se posso dire una cosa simile, che il nostro rapporto è simile a quello di Rohan e Gondor, e (come sai) da parte mia il patto di Eorl non sarà mai spezzato, e io continuerò sempre ad aver fiducia e a essere grato per la cortesia e la saggezza di Minas Tirith.»
Ronald Tolkien,
lettera a Rayner Unwin, 21 luglio 1967




7. LEGAMI CON GLI ANIMALI


In conclusione, si tratterà dei legami con gli animali, che ne Il Signore degli Anelli ricorrono sovente.
Nel Libro II – Capitolo II (Il consiglio di Elrond) si affronta un interessante tema, frequente nei capitoli seguenti, quello che esiste tra i Cavalieri di Rohan ed i propri cavalli.
Un rapporto di rispetto ed amore molto intenso e particolare per i loro destrieri che, ancorché loro sottoposti, trattano come veri e propri amici fedeli.
«Quel ch'è certo.», disse Boromir, «è che non compreranno le proprie vite con i cavalli. Amano i loro cavalli quasi quanto i loro congiunti;......» ”. 1
Addirittura, come detto, i loro cavalli non divengono oggetto di scambio nemmeno quando in palio c'è la vita o la morte. Si badi che non si tratta di una forma di semplice animalismo come potrebbe essere inteso secondo il significato moderno del termine, quanto, piuttosto, un rapporto complesso fatto di rispetto e dipendenza tra nobili ed incorruttibili compagni d'arme:
«........ poiché i destrieri del Riddermark vengono dai campi del nord, lontani dall'ombra, e la loro razza, come quella dei padroni, discende dai liberi giorni dei tempi passati.» ”. 2
Nel Libro II – Capitolo III (L'Anello va a sud) si evidenzia il legame di fedeltà tra Sam ed il suo pony (Bill). Unione tra un individuo semplice, ed un animale altrettanto semplice. Dotati entrambi di sentimenti semplici e puri, e accomunati da un comune senso del dovere. In “antitesi”, anche se forse non voluta dall'autore, con il legame altisonante tra uomini nobili ed animali altrettanto nobili: i Cavalieri di Rohan ed i loro destrieri.
“«Quell'animale sa quasi parlare», disse, «e parlerebbe se rimanesse ancora un po' di tempo qui. Mi ha lanciato uno sguardo esplicito quanto le parole del signor Pipino: “Se non mi prendi con te, Sam, ti seguirò per conto mio” » Fu così che Bill partì quale bestia da soma, eppure di tutta la compagnia era l'unico a non aver l'aria depressa”. 3
Nel Libro II – Capitolo IV (Un viaggio nell'oscurità) si tratta ancora del legame tra Sam ed il suo pony (Bill) al momento della loro separazione forzata.
“«......Dovrai scegliere tra Bill e il tuo padrone» «Seguirebbe il signor Frodo sin nel covo di un drago, se ve lo conducessi», protestò Sam”. 4
Ne Le Due Torri, vi è un passo che ancora una volta ben rappresenta il legame tra i cavalli e i Cavalieri di Rohan, ma chiarisce anche il rapporto tra i cavalli e le altre razze principali della terra di mezzo, elfi e nani, ovvero:
“......Grande fu la meraviglia egli uomini di Éomer, e molti gli sguardi cupi e dubbiosi, quando egli ordinò che i cavalli disponibili fossero dati agli stranieri [Aragorn, Legolas e Gimli]; ma Éothain fu l'unico che osasse parlare apertamente. «Capisco ancora che tu li dia a questo sire che dice di appartenere alla stirpe di Gondor», obiettò, «ma si è mai sentito dire di un cavallo del Mark affidato a un Nano?». «No mai» disse Gimli. «E non preoccuparti :nessuno mai lo sentirà dire. Meglio camminare che stare seduti in groppa a una bestia così grande....»” E ancora: “Legolas chiese che fossero tolte sella e redini. «Non ne ho bisogno», disse, e con un agile balzo fu in groppa: con somma meraviglia di tutti, Arod si mostrò mansueto e condiscendente con il nuovo padrone, obbedendo alla minima parola di comando: tale infatti era la maniera elfica di trattare tutti i bravi animali .” 5
Sempre da Le Due Torri, vi è una citazione che ben rappresenta il legame particolare che esiste tra Gandalf e il suo cavallo Ombromanto. In effetti non si tratta di un legame comune tra un uomo ed un animale, ma, bensì, di un legame tra una divinità e un cavallo di nobilissima stirpe. Tale legame si rivelerà determinante nel prosieguo della narrazione in quanto, come vedremo, solo i cavalli più nobili, legati ai loro condottieri da sentimenti di fierezza e fedeltà, saranno in grado di opporsi senza timore ai destrieri dei “signori del male”.
«Sono tre», disse Legolas guardando fisso la pianura. «Guardate come corrono! C'è Hasufel, e al suo fianco il mio amico Arod! Ma ne scorgo uno cavalcare innanzi: un cavallo assai grande. Mai ne ho veduto uno simile». «E mai più lo vedrai», disse Gandalf. «Quello è Ombromanto, il capo dei Mearas, principi dei cavalli, e nemmeno Théoden, Re di Rohan, conobbe mai un destriero così bello. Miratelo scintillare come argento e galoppare liscio come un fiume che scorre veloce! Viene per me: è il cavallo del Cavaliere Bianco. Combatteremo insieme»”. 6





1 Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro II – Capitolo II (Il consiglio di Elrond)”.
2 Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro II – Capitolo II (Il consiglio di Elrond)”.
3 J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro II – Capitolo III (L'Anello va a sud)”.
4 J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro II – Capitolo IV (Un viaggio nell'oscurità)
5 J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Le Due Torri Libro III – Capitolo II (I Cavalieri di Rohan)
6 J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Le Due Torri Libro III – Capitolo V (Il Cavaliere Bianco)