Di Enrico Imperatori
Pubblicato su: Terra di Mezzo (Pubblicazione della Società Tolkieniana Italiana), n° 5, 1997, ANNO III – equinozio di primavera
Terza e ultima Parte e note
Tolkien non tradizionale
A questo dopo aver analizzato in modo sommario le analogie più evidenti, sorge spontaneo chiedersi dove sono riscontrabili i filtraggi ,di cui abbiamo parlato in precedenza, effettuati da Tolkien prima d'inserire questa razza nel suo mondo.
La risposta è a mio avviso evidente ed è rintracciabile in quel fatto generale, che forse costituisce la gran differenza tra la mitologia nordica e quella Tolkienana, poiché esse sono infatti molto differenti. Vi sarete accorti che le analogie individuate sono solo spunti piuttosto superficiali, dettati forse a Tolkien dalla propria pratica professionale di docente di lingue medievali, ma la creazione di Tolkien presenta invece una grande originalità rispetto ai miti nordici. Tale originalità si esplica nel fatto esso dona al suo mondo e soprattutto ai suoi personaggi uno spessore umano più vicino a noi, comportamenti e valori nei quali identificarsi per affinità. Tolkien ha preso tutte le figure delle mitologie passate, fredde, necessariamente eroiche e snaturate e le ha riscaldate rendendole appassionate, terrene e più prossime alla nostra natura pur conservandone le aspirazioni mitologiche.
Tornando ai nostri Nani, essi possiedono una gran quantità d'aspetti umani, anche se spesso portati a livelli esasperati, sono duri, testardi, orgogliosi, ma allo stesso tempo amanti della cose belle, leali, coraggiosi e pronti all'amicizia, racchiudono quindi in sé una grande umanità. Per questo motivo Tolkien li ha schierati, nei suoi scritti, contro il male. Nel Silmarillion (9) si legge:
«...alla fine Maedhros, avendo radunato tutte le forze che poteva: Elfi, Uomini e Nani, risolse di sferrare l'assalto contro Angabnd da est e da ovest,....», e ancora: «...delle forze orientali, gli ultimi a tener duro furono i Nani di Belegost, che s'acquistarono grande fama...».
Nell' appendice A del SDA(10) si legge:
«....quello che fu all'inizio della guerra fra gli Orchetti e i Nani, che fu lunga e micidiale , e combattuta per lo più in luoghi profondi sotto terra....».
Credo che Tolkien attraverso il popolo dei Nani abbia voluto evidenziare la facile corruttibilità dell'animo umano, ma anche la gran capacità di reagire e di riscattarsi. L'amore per la bellezza, per l'ingegno e per la tradizione, produce spesso in questo popolo comportamenti ossessivi, che aprono la strada alla cupidigia e all'avidità e quindi alla corruzione del loro cuore e alla loro lenta distruzione. Un esempio di questo comportamento corrotto dei Nani è evidente nel XXII capitolo del Silmarillion, quando si narra la vicenda dei Nani e della collana Nauglamír. Infatti in questa storia, essi si macchiano di un orribile delitto, che scatena una vera e propria guerra tra Elfi e Nani. In effetti, negli scritti di Tolkien più volte si presenta un comportamento simile a questo, ma quasi sempre vi è anche il riscatto con azioni valorose a altruiste. L'esempio più eclatante si può individuare nella vicenda conclusiva di Thorin, ne lo Hobbit, quando questi, prima trascina la situazione sull'orlo di una guerra a causa dell'oro, e disconosce il suo compagno d'avventura Bilbo, ma poi alla fine dimostra gran valore e potere risolutivo nella guerra contro gli Orchi e i Lupi, e in punto di morte chiede perdono a Bilbo, di cui riconosce le qualità, il valore e la buona fede. Nel capitolo XVIII de Lo Hobbit, Thorin, in punto di morte, si rivolge a Bilbo con queste parole:
«In te c'è più di quanto tu non sappia, figlio dell'Occidente cortese, Coraggio e Saggezza, in giusta misura mischiati. Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d'oro, questo sarebbe un mondo più lieto. Ma triste o lieto, ora debbo lasciarlo. Addio!»
Tutti gli abitanti della Terra di Mezzo hanno un ruolo al di là di quello eroico, ed anche i Nani hanno il loro e prima che straordinari artigiani o avidi custodi di tesori favolosi, sono forse lo specchio di molteplici sentimenti umani, positivi e negativi; che proprio perché umani , non restano immobili e de-individualizzati come simboli, ma s'evolvono e si personalizzano in individualità concrete, proprio come nella vita reale. Ed è per questa ragione, diversamente da come accade per i vuoti nomi del catalogo dell' Edda, che noi ricordiamo con affetto i nomi di Thorin Scudodiquercia e di Gimli figlio di Gloin!
NOTE
- Trattato di poetica e di mitologia dell'islandese Snorri Sturluson (1778-1241).
- Breve storia di Sörli o saga di Heðinn e di Högni capp. 1.-2.
- Vedasi il dialogo di Alviss in Edda Kuhn; il Dialogo sull'arte poetica nell'Edda di Snorri Sturluson; l'inganno di Gylfi nell' Edda di Snorri Sturluson
- Iniziato da J.R.R. Tolkien nel 1917 e pubblicato nel 1977, quattro anni dopo la sua morte
- Dal Silmarillion: « …. Ilúvatar gli parlò; e Aulë ne udì la voce e s'azzittì. E la voce di Ilúvatar gli disse :” Perché hai fatto questo? Perché hai tentato ciò che sai trascendere il tuo parere e la tua autorità Chè tu hai avuto da me quale dono il tuo proprio essere soltanto, e null'altro; sicché le creature della tua mano e della tua mente possono vivere soltanto grazie a tale essere, muovendosi quando tu pensi di muoverle, e quando il tuo pensiero sia altrove, giacendo in ozio. É dunque questo il tuo desiderio?......». Allora Aulë rispose:« Non desideravo un siffatto dominio. Desideravo cose diverse da me, da amare e ammaestrare, si che anch'esse potessero percepire la bellezza di Eä, da te prodotta. E che cosa farò io ora, per modo che tu non sia irato con me per sempre? Come un figlio a suo padre, io ti offro queste cose, l'opera delle mani che tu hai creato. Fanne ciò che vuoi. O preferisci che io distrugga la fattura della mia presunzione?» E Aulë diede di piglio ad un grande martello per ridurre in pezzi i Nani; e pianse. Ma Ilúvatar ebbe compassione per Aulë e il suo desiderio, a cagione della sua umiltà; e i Nani si rattrappirono alla vista del martello e provarono timore, e chinarono il capo e implorarono mercé. E la voce di Ilúvatar disse ad Aulë : « Ho accettato la tua offerta fin dal primo momento. Non t'avvedi che cose hanno ora una vita propria e che parlano con voci proprie? Altrimenti non si sarebbero rannicchiate al tuo gesto ed a ogni suono della tua volontà ». Allora Aulë lasciò cadere il martello e fu lieto, e rese grazie a Ilúvatar dicendo :«Che Eru benedica il mio lavoro e lo emendi!».
- L'inganno di Gylfi.
- Annali dei Re e Governatori, Parte III-Il Popolo di Durin.
- Capitolo II- p.47.
- Capitolo XX-p.240 e 241
- Annali dei Re e Governatori, Parte III- Il popolo di Durin.
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