Failtè

FAILTE'

mercoledì 13 febbraio 2013

TOLKIEN IN FORMA DI HAIKU (O TANKA) – XLVII PUNTATA


Haiku

L'Asta

Appena in tempo
redivivo soggiunse,
l'asta interruppe

Thorin (2013)


BIBLIOGRAFIA TOLKIENIANA XLVII PARTE


Eccoci all’appuntamento settimanale con la bibliografia. Terminato il ciclo delle opere di Tolkien, e di quelle a lui dedicate, pubblicate in Italia, e ad Oxford sino ad oggi, nonché le opere e le poesie scritte, edite, tradotte o con contributi di Tolkien pubblicate in Gran Bretagna, iniziamo oggi la bibliografia relativa alle opere e poesie scritte, edite, tradotte o con contributi di Tolkien, pubblicate negli U.S.A.
Proseguiamo con il periodo compreso tra il 1995 ed il1995.
La mia bibliografia completa (non solo Italiana) relativa al periodo dal 1966 al 2000 è inclusa nell'interessantissimo libro: "Introduzione a Tolkien" a cura di Franco Manni con illustrazioni di Lorenzo G. Daniele.
Simonelli Editore Milano http://www.simonel.com/ - ISBN 88-86792-39-5 - Pagine 492 - € 25,00
NB: La bibliografia più completa, di tutto ciò che riguarda Tolkien, viene pubblicata periodicamente sulla rivista Endore -
http://www.endore.it/, sempre a cura del nostro instancabile Franco Manni


BIBLIOGRAFIA
1995, Letters from Father Christmas, 44 pp., cofanetto, edito da Baillie Tolkien, contiene le note della versione originale, CollinsChildren'sBooks, Londra 1995.
1996, The Peoples of Middle-Earth, xiii, 482 pp., edito da Christopher Tolkien. Harper Collins Publishers’, Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings Part I - The Fellowship of the Ring, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 432 pp., 24.4 x 16.8 x 3.4 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings Part II - The Two Towers, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 356 pp., 24.4 x 16.3 x 3 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings Part III - The Return of the King, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 440 pp., 24.4 x 16.8 x 3.4 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings - Trilogy, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, 1228 pp., 25.7 x 17.5 x 10.2 cm, Paperback, Harper Collins Publishers’ - New edition edition (4 Nov 1996), Londra, 1996.
1996, A Tolkien Book of Days, 137 pp., 21.2 x 18 x 1.6 cm, Hardcover, Harper Collins Publishers’ - Londra, 1996.
1996, Realms of Tolkien: Images of Middle-Earth, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, John Howe, Ted Nasmith, Inger Edelfeldt, 144 pp., 28.8 x 22.6 x 2 cm, Hardcover, Harper Collins Publishers’ - Londra, 1996.
1996, The Lord of the Rings, di J. R.R. Tolkien, illustrato da Alan Lee, Bca; Book Club (BCE/BOMC) edition (1 Jan 1996) - Londra, 1996.
1996, The Hobbit or There and Back Again, di J. R.R. Tolkien, Paperback, Harper Collins; First in this Edition edition (1996) - Londra, 1996.



CITAZIONE DELLA SETTIMANA: Christopher Lee Tolkieniano


Sui film:


Su Tolkien:

«L'ho soltanto visto: fumava la pipa ed era vestito come un perfetto gentiluomo inglese di campagna. Non potrò mai dimenticarlo. ».

Christopher Lee


giovedì 7 febbraio 2013

A PROPOSITO DI RADAGAST IL BRUNO


Molti appassionati di Tolkien e delle sue opere, compresi quelli che non avevano mai avuto prima un valido motivo per menzionare Radagast, ora ne parlano a profusione. Ci si potrebbe chiedere quale ragione abbia portato tanta notorietà ad un personaggio a dir poco secondario del corpus letterario Tolkieniano?
Ancora una volta ci ha messo lo zampino il nostro beneamato P.J. che ha deciso di trasformare questo semi sconosciuto personaggio (noto solo ai più accaniti lettori dell’opera di Tolkien) in un personaggio di rilievo della sua trilogia cinematografica su Lo Hobbit. Ma ciò non sarebbe stato comunque sufficiente per innalzarlo agli onori della cronaca se non per il fatto che che P.J. ha deciso di interpretare e modellare il personaggio Radagast come un essere a dir poco bizzarro ed eccentrico, nonché piuttosto comico.
Non mi dilungherò in pedanti divagazioni sulla figura di Radagast anche perché, oggi, grazie ai potenti mezzi internet dei quali tutti disponiamo è possibile conoscere vita, morte e miracoli di questo personaggio, probabilmente è possibile saperne anche di più di quanto ne sapesse lo stesso Tolkien, suo creatore (ops…sub-creatore, scusate).
Però qualcosa bisognerà pur dire, almeno nel tentativo di spiegare perché i fan Tolkienaini si siano spaccati in due fazioni contrapposte, in maniera netta e senza mezze misure, nell’elogiare o esecrare l’operato di P.J. nei confronti di Radagast.
Innanzitutto Radagast era uno degli Istari. Magari non sarà stato il più bravo, il più bello, il più forte, il più amato dai Valar….. anzi, nondimeno era uno egli Istari.
La questione non può essere banalizzata, per gli appassionati di Tolkien dire Istari è come dire stregoni o maghi, ma, anche e soprattutto, semi-divinità, entità angeliche, emissari degli dei. Radagast era uno degli Istari quanto Gandalf e Saruman pur se dotato, pare, di minori poteri. Se vi sembra poco?
Tolkien, ne i “Racconti Incompiuti” ci dice che: “Radagast, il quarto, si innamorò delle molte specie di animali e di uccelli che popolavano la Terra di Mezzo, e abbandonò gli Elfi e gli Uomini per trascorrere i suoi giorni tra le creature selvatiche. Egli si stabilì a Rhosgobel <<la Bruna Città>> al confine con il Bosco Atro.” Abbandonò gli elfi e gli uomini per troppo amore per la flora e la fauna della terra di mezzo (non lo si può biasimare troppo per questo) e quindi fallì la sua missione primaria.
Tolkien, quindi, ci dice senza mezzi termini che Radagast fallì la sua missione come Stregone perché si perse nella sua ossessione verso gli animali e le piante. Tolkien scrisse anche, però, che il fallimento di Radagast non era grande e imperdonabile quanto quello di Saruman, e che era possibile pertanto un suo ritorno nelle Terre Immortali. Non mi stupisce che Tolkien sia stato indulgente con chi amava la natura (nessuna indulgenza, viceversa, per Saruman che amava il potere e “l’industria”).
E’ possibile affrontare meglio la questione leggendo ciò che Tolkien scrive in proposito nelle sue lettere, ovvero nel testo (non letterario e, pertanto, privo di filtri e artifizi) più significativo per conoscere il pensiero di Tolkien uomo oltre che autore, nel quale il suo pensiero fluisce puro: la raccolta delle sue lettere (La Realtà in Trasparenza – Lettere 1914 – 1973, Rusconi, prima edizione italiana novembre 1990).
Si deduce che il fallimento e la caduta erano nella natura delle cose. Nella lettera a Michael Straight (lettera n° 181, La Realtà in Trasparenza) Tolkien afferma a proposito di Gandalf, ma più in generale di tutti gli stregoni: “il suo ruolo di <<stregone>> è il ruolo di un angelo o di un messaggero dei Valar o Governatori: aiutare le creature razionali della Terra-di-Mezzo a resistere a Sauron, che ha poteri troppo grandi per loro se rimanessero privi di aiuto. Ma dato che secondo questa storia o mitologia il potere – quando domina o cerca di dominare la volontà e la mente degli altri (tranne che siano privi di ragione) – è considerato malefico, questi <<stregone>> si incarnarono in figure compatibili con la Terra-di-Mezzo, e così soffrirono pene fisiche e spirituali. Per la stessa ragione, correvano anche gli stessi rischi che correvano tutti gli esseri incarnati: il rischio di <<cadere>>, di peccare, se preferisce”
Per quanto mi riguarda, il mio personale Radagast, materializzato nel mio immaginario leggendo le opere di Tolkien, è un'entità angelica che, pur “cadendo” nella sua forma umana, rimane però comunque, sempre, un'entità angelica, ovvero bella, affascinante, alta. L’amore per la natura non dovrebbe giustificare di per sè la sua trasfigurazione e degenerazione in una specie di folletto alchimista abitatore dei boschi, pazzo svanito e visionario, quanto, piuttosto, la sua trasformazione in un vecchio saggio, magari un po’ solitario e misterioso, disinteressato alle questioni umane e tecnologiche, senza però mai perdere del tutto l’occhio dalla sua missione primaria (non è certo “caduto” quanto “sprofondò” Saruman, come ci dice lo stesso Tolkien). Pertanto non credo andrebbe ridicolizzato nè per la sua “caduta” né tanto meno per il suo amore per la natura.
Però, nell’immaginazione di P.J. non è così, anzi, sembra aver preso il sopravvento la versione del pazzo boscaiolo, dipinto, appunto, in maniera piuttosto comica e dissacrante. Non intendo fare processi alle intenzioni (che non è mai bello), ma questo aspetto mi ha piuttosto irritato.
Credo stiano tutte nei precedenti capoversi le ragioni dell’inevitabile contenzioso tra i fan di Tolkien e di P.J. o di entrambi ed anche dell’insanabile spaccatura che si è prodotta tra i cosiddetti “puristi” o “bidelli” che non hanno apprezzato affatto l’eccessiva ridicolizzazione e sminuimento di uno degli Istari, ridotto a poco più che un pagliaccio, e chi purista non è, ed ha preferito immaginare, come ha fatto P.J., un simpatico fricchettone, svampito (oltre che svanito) e drogatello come se ne sarebbero potuti vedere tanti negli anni 70 sull’isola di Wight.
Trovo infine inquietante sapere che, come è noto, molti abbiano paragonato Radagast il bruno al personaggio cinematografico di Star Wars: Jar Jar Binks (abbastanza demenziale a mio avviso). Non trovo infatti tale paragone molto edificante per un entità angelica. Personalmente, se devo trovare un paragone tra Radagast ed i personaggi di Star Wars allora preferisco immaginarlo, come mi ha suggerito un caro amico a proposito della sua visione di Radagast, e con il quale, in proposito, sono del tutto in accordo, come Yoda.
Pur avendo apertamente disapprovato il personaggio cinematografico di Radagast, non mi permetto di giudicare chi la pensa in maniera differente. La mia vena purista, o peggio, “bidella” si è molto attenuata con l’età e credo che un film sia un film e vada lasciata al regista la prerogativa di apportare, nella sceneggiatura, le modifiche che crede rispetto alle opere alle quali si ispira, senza ovviamente mancare di rispetto all’autore ed allo spirito dell’opera.
Come mi ha detto lo stesso amico citato prima a proposito di Yoda lui preferisce continuare a immaginare il suo personale Radagast, scaturito nella sua immaginazione a seguito della lettura delle opere di Tolkien. Non ha torto, anzi, io però preferisco vederli o immaginarli entrambi: il mio personale e quello di P.J., ed elucubrare a piacimento su chi lo ha immaginato meglio. 

venerdì 1 febbraio 2013

OSCAR 2013

Lo Hobbit candidato a:
- trucco
- scenografia
- effetti visivi.

Senza voler gridare allo scandalo credo che sarebbe stato benissimo anche in film, regia, costumi, fotografia e, forse, ma non sono personalmente del tutto convinto:colonna sonora.

Io adoro letteralmente Tarantino, ma credo che Django Unchained sia un pelino sopravvalutato. Non puoi mettere Django e lasciare fuori lo Hobbit eccheccazzo!